Novembre: il mese della vita vera

Novembre è il mese più triste, non molto apprezzato e tollerato, per noi uomini del terzo millennio così abituati al clima di festa e vacanziero. Dopotutto, lo dicevano anche Fedez e J-Ax (quando ancora funzionava bene l’auto-tune): «Ancora un’altra estate arriverà!». Capite che con questa prospettiva del mese di novembre non ce ne facciamo proprio nulla. In realtà anche novembre, che da qualche tempo inizia nel segno del macabro e delle “zucche vuote”, ha molto da dire. La liturgia di Ognissanti, per esempio , ha al centro le Beatitudini. Le Beatitudini, troppo spesso sono state presentate in rottura con la legge dell’antico testamento. Gesù “rompe”! Letteralmente: “ci rompe!” Ed è un bene! perché con le Beatitudini – come del resto con tutto il Vangelo – ci scomoda, ci costringe a camminare, a dimenticare (almeno per un momento) il comodo divano su cui siamo seduti da troppo tempo. Tuttavia, Egli, non rompe la continuità con l’antico testamento, con le nostre origini: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla Legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto» (Mt 5,17s).

Gesù non pensa di abolire il Decalogo, al contrario: lo rafforza. Quindi come leggerle? Nell’unico modo cattolico: in continuità! Si diventa santi, inserendoci nella grande comunione dei santi della Chiesa, (la comunione del Santo di Dio che è Gesù, dei Santi Apostoli, i santi Dottori, le sante vergini e così via…); in continuità con chi ci ha preceduto. Questa umiltà della continuità ci prepara ad un futuro di santità!

Con che cosa, invece, dovremmo rompere?

Direbbe il catechismo, dovremmo rompere, con il demonio e le sue seduzioni peccaminose. Con queste sì! Davanti al nemico e al peccato, nessuna inclusività! Alla larga amici! A volte sembra che includiamo tutto e tutti, ma alla fine, “rompiamo” con Cristo. La rottura che ci chiede il mese di novembre, la morte a cui ci sollecita è proprio questa: quella con il peccato. Dobbiamo finalmente rompere con una forma di inclusività senza verità.

Ma torniamo alla Beatitudini. Le Beatitudini di Matteo rispetto alla versione di Luca sono come una nascosta biografia interiore di Gesù, un suo ritratto. Egli, che non ha dove posare il capo (cfr. Mt 8,20), è il vero povero; Egli, che può dire di sé: venite a me perché sono mite e umile di cuore (cfr. Mt 11,29), è il vero mite; è il vero puro di cuore e per questo contempla senza interruzione Dio. È l’operatore di pace, è Colui che soffre per amore di Dio: nelle Beatitudini si manifesta il mistero di Cristo stesso, ed esse ci chiamano alla comunione con Lui. (Cf. J. Ratzinger, Gesù di Nazaret. Dal Battesimo alla Trasfigurazione, Rizzoli 2007).

Le Beatitudini sono dei segnali che indicano, per così dire, il “programma”, anche alla Chiesa. Nella ripetizione solenne di quel “Beati”, essa deve riconoscere il modello da seguire, quelle indicazioni per la sequela, che interessano ogni fedele, benché in modo diverso a seconda della molteplicità delle vocazioni.

Per viverle, per attuare “il programma” del discorso di Gesù- che la Chiesa riceve e non si dà autonomamente – occorre chiarire il come.

Serve un criterio, un centro, una rotta chiara! Bisogna capire chi è il Beato di cui si parla.Il Beato è Cristo. Dunque, noi come possiamo essere beati?

Questo è possibile se prima di tutto accogliamo Lui. Possiamo realmente alimentare una “spiritualità dell’accoglienza”, se prima facciamo spazio, a DIO.

Quindi come si diventa Beati? Lo si diventa, solo se Gesù diventa il nostro centro! Siamo pronti ad affrontare la tribolazione di cui ci ha parlato il libro dell’Apocalisse, se custodiamo dentro di noi questo centro.

Il mese di novembre ci prepara e al tempo stesso anticipa, per così dire, il Centro che è poi l’inizio di tutto: il Natale.

Novembre ha dentro di sé la vita: della Chiesa, che vediamo risplendere nei santi, dei defunti che dopo la corruzione della corpo, vivono nella medesima comunione, tutti orientati a Cristo Re che pone fine ad un anno liturgico per poi preparare un nuovo inizio.

Ma per capire ancora la Vita vera di cui ci parla novembre, riflettiamo ancora sulla vera santità.

Nel 2014 chiesero in una intervista al Papa Emerito, Benedetto XVI: «Da quanto tempo e in base a che cosa si è convinto della santità di Giovanni Paolo II?» 

Risponde il Papa Emerito: «Che Giovanni Paolo II fosse un santo, negli anni della collaborazione con lui mi è divenuto di volta in volta sempre più chiaro. C’è innanzitutto da tenere presente naturalmente il suo intenso rapporto con Dio, il suo essere immerso nella comunione con il Signore di cui ho appena parlato. Da qui veniva la sua letizia, in mezzo alle grandi fatiche che doveva sostenere, e il coraggio con il quale assolse il suo compito in un tempo veramente difficile. Giovanni Paolo II non chiedeva applausi, né si è mai guardato intorno preoccupato di come le sue decisioni sarebbero state accolte. Egli ha agito a partire dalla sua fede e dalle sue convinzioni ed era pronto anche a subire dei colpi. Il coraggio della verità è ai miei occhi un criterio di prim’ordine della santità. Solo a partire dal suo rapporto con Dio è possibile capire anche il suo indefesso impegno pastorale». (Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici & i collaboratori, Ares 2014).

Ma in questo mese di novembre, dobbiamo, finalmente interrogare noi stessi: Desideriamo diventare santi? È una scelta certamente fuori moda, controcorrente, che richiede un centro propulsore che dia slancio!

Da una parte, non dobbiamo temere troppo perché certamente il Signore ha una cammino, una pedagogia, per ciascuno di noi. Tuttavia, per farlo dobbiamo vigilare alla luce dei criteri che abbiamo poco fa individuato.

D’altro canto però, il Vangelo, esige da parte nostra, vigilanza perché la santità è una corsa ad ostacoli.

Quali “segnali” ci dicono che siamo sulla strada sbagliata? Ad esempio se pensiamo troppo alle questioni sociali e dimentichiamo il fondamento, il cuore della fede; se viviamo costantemente nel peccato e non ricerchiamo la comunione con Dio e con la Chiesa (monastero, convento o parrocchia); se siamo in preda alla tristezza, e non coltiviamo la vera gioia; se ricerchiamo a tutti i costi il consenso, desideriamo accontentare tutti senza passione per la verità; se ci preoccupiamo troppo dell’esito delle nostri pensieri, parole e azioni; se diciamo sempre di sì, e non ci opponiamo mai alla mentalità dominante del mondo e della società.

Papa Francesco nell’ultima enciclica (Dilexit nos, Ci ha amati), ci dà un grande indicazione che ci fa capire, in definitiva se siamo sul cammino della santità: siamo sulla giusta strada se siamo Innamorati.

In un passaggio il Papa dice: «le parole dell’innamorato non disturbano, non impongono, non forzano, solamente portano gli altri a chiedersi come sia possibile un tale amore. Con il massimo rispetto per la libertà e la dignità dell’altro, l’innamorato semplicemente spera che gli sia permesso di raccontare questa amicizia che riempie la sua vita» (n.210).

Questo può affascinare i nostri vicini di casa, parrocchiani distanti, i nostri contemporanei vittime della “dittatura del secolarismo”. L’amore di cui parliamo anzitutto deve affascinare ad-intra la Chiesa, deve coinvolgere noi che siamo dentro l’Ovile.

San Giovanni, ci ammonisce nella sua prima lettera «il mondo non ci conosce perché non ha conosciuto lui» (1Gv 1).

Il mondo non ci conosce perché non riesce a comprendere di quale amore parliamo. Dovremmo dire a chiare lettere che non si tratta di un sentimento “sdolcinato”, non si tratta solo di letteratura o di poesia. L’amore di cui parliamo da duemila anni, è un Corpo, una Persona, si tratta del Vivente.

In definitiva, non ci conoscono, perché in Noi, non vedono più Lui. Non vedono il centro che muove la predicazione di questo amore.

Nel titolo dell’ultima enciclica del Papa, c’è tutto: “Dilexit nos” (Ci ha amato). Se non abbiamo ancora incontrato questo amore, non solo con la testa, ma con tutto il nostro corpo, con la carne, non abbiamo ancora un centro.

L’ouverture” novembrina, ci dà coraggio, per andare al cuore della fede. In questo mese di Novembre camminiamo in buona compagnia dei santi, che invochiamo e celebriamo (in Cristo!)

Il primo novembre, si apre il mese della Vita vera! Essi sono con noi, assieme a Maria Santissima. I santi hanno saputo amare perché avevano un centro. Sono una grande speranza (che tra poco sarà giubilare!) perché guardandoli e pregandoli sentiremo e capiremo l’amore di Cristo che ci ama da sempre e lo farà per sempre

Così si apre Novembre: non è il mese dei morti, semmai, è il mese della morte necessaria, per iniziare, la Vita vera!

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