Perché un cattolico non può sostenere l’eutanasia

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  • La Chiesa si è espressa chiaramente riguardo all’eutanasia con molteplici documenti: per un cattolico non è ammissibile.
  • L’eutanasia è una grave lesione della dignità umana.
  • La normalizzazione dell’eutanasia a considerarla quasi come “atto buono” nei confronti del sofferente è frutto di una società che ha paura della sofferenza e che è permeata da una mentalità utilitaristica che non si fa problemi a privarsi dei più deboli. Solo la legge di Dio restituisce all’uomo la sua vera dignità, il suo valore e la sua verità.

Il seguente articolo è una traduzione curata da Opposto tratta dal portale polacco “Polonia Christiana”, disponibile al seguente link. Vi invitiamo a consultare il loro sito.

Negli ultimi 20 anni è aumentata l’accettazione sociale dell’eutanasia e del cosiddetto “suicidio assistito”. Sempre più Paesi legalizzano queste pratiche con il pretesto di garantire la “dignità umana” e l’“autonomia individuale”. Tuttavia, l’insegnamento della Chiesa cattolica è inequivocabile: l’eutanasia e il “suicidio assistito” non possono mai essere accettati.

Solo nel 2021, diversi Paesi, tra cui la Spagna e, più recentemente, l’Austria, hanno deciso di legalizzare queste vergognose procedure di uccisione con il coinvolgimento dei medici. Persino in Polonia è aumentata l’approvazione per l’eutanasia.

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha ricordato, nel documento Samaritanus bonus del 22 settembre 2020, che “l’eutanasia è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione e in qualsiasi circostanza”; “l’eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio in quanto omicidio volontario di una persona umana, moralmente inammissibile. Questa dottrina si fonda sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed è insegnata dal Magistero ordinario e universale. La pratica dell’eutanasia comporta – a seconda delle circostanze – il male proprio del suicidio o dell’omicidio”.

Qualsiasi collaborazione a tale atto è un grave peccato contro la vita umana e “nessuna autorità può legittimamente ordinarlo o consentirlo”.

La legalizzazione di queste pratiche illecite “viola le leggi di Dio” e “offende la dignità della persona umana”. È un “crimine contro la vita, un attentato contro l’umanità”. L’eutanasia è semplicemente un “atto omicida che nessun fine può giustificare e nei confronti del quale non si può tollerare alcuna forma di complicità o collaborazione, attiva o passiva. Coloro che approvano le leggi sull’eutanasia e sul suicidio assistito diventano dunque corresponsabili del peccato grave che altri commetteranno. Sono inoltre colpevoli di scandalo, poiché queste leggi deformano la coscienza, persino dei fedeli”.

L’eutanasia nel mondo

Nello studio Assisted dying around the world: a status question di S. Mroz e altri, pubblicato nel marzo 2021 negli Annals of Palliative Medicine, l’eutanasia viene definita come “l’atto di porre intenzionalmente fine alla vita di un paziente da parte di un operatore sanitario attraverso mezzi medici, su esplicita richiesta del paziente”. Il cosiddetto suicidio assistito (PAS), invece, consiste nella “fornitura o prescrizione di farmaci da parte di un medico affinché il paziente possa porre fine alla propria vita”.

Gli autori dello studio osservano che negli ultimi 20 anni la diffusione delle pratiche eutanasiche è aumentata, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle malattie croniche.

Secondo i dati contenuti nello studio, nel 2020 le pratiche di soppressione dei pazienti erano legali in 18 giurisdizioni, coinvolgendo circa 200 milioni di persone nel mondo. Tuttavia, nel 2021 erano in corso lavori legislativi per legalizzare l’eutanasia in diversi Paesi, tra cui Portogallo, Spagna e 16 stati degli USA. In Germania, il suicidio assistito è stato indirettamente legalizzato con l’abolizione del divieto di offrire tali “servizi”. Sappiamo che nel 2021 la Spagna ha approvato la legge sull’eutanasia, e dal gennaio 2022 anche l’Austria ha reso legale l’uccisione dei pazienti.

Nel 2020, la Nuova Zelanda ha introdotto il “suicidio assistito” anche per pazienti affetti da Covid-19 che soffrivano di altre patologie croniche.

Le pratiche eutanasiche vengono applicate da quasi due decenni in Belgio, nei Paesi Bassi e in Svizzera.

Gli studiosi evidenziano che le persone ricorrono all’eutanasia per paura della sofferenza, ritenendo che, con il peggioramento delle loro condizioni di salute, “perdano dignità e autonomia”. I sostenitori dell’eutanasia sostengono che essa dovrebbe essere diffusa per via del deterioramento della “qualità della vita”.

Le campagne per la legalizzazione dell’eutanasia risalgono all’inizio del XX secolo, ma un caso decisivo fu quello di un medico olandese che uccise la propria madre iniettandole un veleno. Nel processo del 1973, la pena inflittagli fu relativamente lieve, alimentando il dibattito sulla diffusione dell’eutanasia. Alla fine, i Paesi Bassi legalizzarono questa pratica nel 2002, aprendo la strada ad altri Stati.

Attualmente, l’eutanasia è legale nei seguenti Paesi:

  • Paesi Bassi (dal 2002)
  • Belgio (dal 2002)
  • Lussemburgo (dal 2009)
  • Colombia (dal 2015)
  • Canada (dal 2016)
  • Stato di Victoria, Australia (dal 2017)
  • Australia occidentale (dal 2019)
  • Nuova Zelanda (dal 2020)
  • Spagna (dal 2021)
  • Austria (dal 2022)

Negli Stati Uniti, il suicidio assistito è legale in diversi stati, tra cui Oregon, Washington, Montana, Vermont, California, Colorado, Distretto di Columbia, Hawaii, Maine, New Jersey. Inoltre, nel 2020, diversi altri stati hanno avviato processi legislativi per approvare leggi in materia di eutanasia.

Nel 2021, il Parlamento portoghese ha approvato due volte una legge sull’eutanasia, ma il presidente della Repubblica ha posto il veto in entrambe le occasioni. In Austria, la normativa entrata in vigore il 1° gennaio 2022 è stata sostenuta da un’ampia maggioranza parlamentare. Fino a poco tempo fa, l’assistenza al suicidio in Austria era punita con una pena fino a 5 anni di carcere. L’Ordine dei Farmacisti ha richiesto che la legge vieti la divulgazione pubblica delle farmacie che forniscono sostanze letali.

Generalmente, l’eutanasia e il suicidio assistito sono disponibili solo per gli adulti, ma nei Paesi Bassi e in Belgio l’età minima è stata abbassata a 12 anni. Inoltre, si stanno avanzando proposte per consentire la soppressione di neonati con malattie incurabili.

Anche i media parlano sempre più apertamente delle pratiche eutanasiche. I medici, con il sostegno dei tribunali, prendono decisioni di vita o di morte per pazienti in stato vegetativo.

In Polonia, si registra un aumento dell’accettazione del concetto di “accorciare la vita di persone gravemente malate su loro richiesta”. Secondo un sondaggio CBOS del 2021, il 34% dei polacchi è favorevole a questa forma di eutanasia, mentre il 44% vi si oppone fermamente.

La Chiesa cattolica condanna incondizionatamente ogni forma di eutanasia

L’eutanasia e il “suicidio assistito” – indipendentemente dalle circostanze in cui vengono praticati – sono condannati senza riserve dalla Chiesa cattolica e non possono mai essere accettati. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che:

“L’eutanasia diretta, qualunque ne siano i motivi e i mezzi, consiste nel porre fine alla vita di persone handicappate, malate o morenti. È moralmente inaccettabile”.

“Un’azione o un’omissione che, di per sé o nell’intenzione, provoca la morte per eliminare il dolore costituisce un omicidio profondamente contrario alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. Un errore di giudizio, anche in buona fede, non cambia la natura di questo atto criminale, che deve essere sempre condannato ed escluso”.

Il Catechismo afferma che è lecito solo interrompere l’”accanimento terapeutico”, ovvero “trattamenti medici costosi, rischiosi, straordinari o sproporzionati rispetto ai risultati attesi”. Tuttavia, ai medici non è mai consentito privare i pazienti dell’assistenza di base, come l’idratazione e l’alimentazione.

Questi aspetti sono approfonditi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel documento del 2020 Samaritanus Bonus: sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita, firmato dal prefetto card. Luis F. Ladaria e dal segretario Giacomo Morandi. Il documento riafferma l’insegnamento della Chiesa e condanna ogni forma di eutanasia.

Il testo è stato pubblicato per rispondere ai dubbi dei pastori riguardo alla possibilità di amministrare i sacramenti a persone che hanno scelto di porre fine alla propria vita con l’aiuto di medici. La Congregazione sottolinea che:

“L’uomo, in qualunque stato fisico o psichico si trovi, conserva la sua dignità originaria di creatura fatta a immagine di Dio”.

Inoltre, si ribadisce che:

“La vita è un dono sacro e inviolabile, e ogni essere umano, creato da Dio, ha una vocazione trascendente e un legame unico con Colui che dà la vita, perché Dio invisibile […] nella sua immensa amorevolezza offre a ogni uomo un progetto di salvezza, affinché si possa dire: la vita è sempre un bene”.

La vita è “il primo bene, in quanto condizione per fruire di ogni altro bene”. “L’inviolabile valore della vita è una verità fondamentale della legge naturale e un fondamento essenziale dell’ordine giuridico”. La Congregazione sottolinea che:

“Non ci è lecito decidere di attaccare direttamente la vita di un uomo, neppure se egli stesso lo chiede”.

E ancora:

“Uccidere un malato che chiede l’eutanasia non significa affermare e valorizzare la sua autonomia, ma al contrario, significa negare il valore della sua libertà e della sua vita, privandolo di ogni ulteriore possibilità di relazioni umane, di senso dell’esistenza e di crescita nella vita teologale. Inoltre, si pretende di decidere al posto di Dio il momento della morte”.

La Congregazione denuncia come “l’aborto, l’eutanasia e il suicidio volontario […] disonorano più chi li compie che coloro che ne sono vittime e sono in assoluto contrari al rispetto dovuto al Creatore”.

Si evidenziano poi i “fattori che limitano la capacità di comprendere il valore intrinseco e profondo di ogni vita umana” e si critica “l’uso del concetto di ‘morte dignitosa’ in relazione alla ‘qualità della vita’”. La Congregazione rifiuta la prospettiva antropologica utilitaristica, che valuta la vita in base a fattori economici, benessere, bellezza o piacere fisico, ignorando le dimensioni più profonde dell’esistenza: relazionale, spirituale e religiosa.

L’adozione di questa prospettiva porta alla conclusione che, quando la qualità della vita si deteriora a causa di un declino fisico o psichico, essa non merita più di essere vissuta. La Congregazione denuncia questo errore e critica anche la falsa idea di “compassione” che giustifica la soppressione della vita per alleviare sofferenze considerate “insopportabili”.

Nel documento Samaritanus Bonus si afferma:

“La vera compassione umana non consiste nel provocare la morte, ma nell’accogliere il paziente, sostenerlo nelle difficoltà, dimostrargli affetto e attenzione, e fornirgli i mezzi per alleviare la sofferenza”.

Un altro ostacolo alla valorizzazione della vita è il “crescente individualismo, che porta a vedere gli altri come limiti o minacce alla propria libertà”. Si legge nel documento:

“Alla radice di questa mentalità vi è il neopelagianesimo, in cui l’individuo, radicalmente autonomo, pensa di potersi salvare da solo, senza riconoscere che nella profondità del proprio essere dipende da Dio e dagli altri […]. Un certo neognosticismo, invece, presenta la salvezza come qualcosa di puramente interiore, chiuso nel soggettivismo, che mira a liberare l’uomo dai limiti del suo corpo, soprattutto quando esso è fragile e malato”.

La Congregazione afferma che:

“La Chiesa deve confermare come insegnamento definitivo che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana, perché con questo atto si decide direttamente di provocare la morte di un essere umano innocente. La definizione di eutanasia non dipende da un bilanciamento di beni o valori, ma dall’oggetto morale specifico dell’atto, ovvero la scelta di compiere un’azione o un’omissione che, per sua natura o intenzione, causa la morte con l’obiettivo di eliminare la sofferenza”.

E ancora:

“L’eutanasia deve essere considerata alla luce dell’intenzione e dei mezzi utilizzati, ma il giudizio morale e le sue conseguenze non dipendono dal bilanciamento di principi che, in certe circostanze e in base alla sofferenza del paziente, potrebbero secondo alcuni giustificare la sua eliminazione”.

La Congregazione ribadisce che:

“L’eutanasia è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi circostanza e per qualsiasi motivo”.

Non è consentita alcuna forma di cooperazione in un simile atto, né può essere legittimamente richiesta o imposta da alcuna autorità, perché rappresenta una “violazione della legge di Dio, un oltraggio alla dignità umana, un crimine contro la vita e un attentato contro l’umanità”.

La Chiesa insegna che:

“La vita ha per tutti la stessa dignità e lo stesso valore. Il rispetto per la vita altrui è identico a quello che si deve alla propria esistenza. Chi decide volontariamente di togliersi la vita rompe il proprio legame con Dio e con gli altri, e nega sé stesso come soggetto morale. Il suicidio assistito aggrava la gravità di questo atto, coinvolgendo un altro nella propria disperazione, portandolo a non orientare la propria volontà verso il mistero di Dio attraverso la virtù teologale della speranza, negando così il vero valore della vita e infrangendo il patto che unisce la famiglia umana”.

Infine, la Congregazione afferma che il personale sanitario “non può mai praticare l’eutanasia, nemmeno su richiesta del paziente o dei suoi familiari”, perché “non esiste un diritto di disporre arbitrariamente della propria vita, e nessun operatore sanitario può diventare esecutore di un diritto che non esiste”.

Eutanasia e sacramenti

A seguito delle discussioni in corso e delle dichiarazioni di alcuni ecclesiastici, tra cui l’arcivescovo Paglia, che ha criticato i sacerdoti che rifiutano di accompagnare le persone che scelgono l’eutanasia, la Congregazione ha chiaramente affermato che i ministri della Chiesa non solo non possono amministrare i sacramenti a chi ha deciso di togliersi la vita, ma non possono nemmeno essere presenti nella stanza in cui si compie l’eutanasia.

“Tuttavia, da parte di coloro che assistono spiritualmente questi malati, non è ammissibile alcun gesto esteriore che possa essere interpretato come un’approvazione dell’atto eutanasico, come ad esempio la semplice presenza al momento della sua realizzazione. Tale presenza potrebbe essere interpretata solo come complicità. Questo principio riguarda in particolare, ma non esclusivamente, i cappellani delle strutture sanitarie in cui l’eutanasia può essere praticata, i quali non devono in alcun modo dare scandalo mostrandosi, in qualsiasi forma, complici della soppressione della vita umana”.

L’insegnamento della Chiesa sulla questione dell’eutanasia è chiaro e sarebbe opportuno che non solo i cattolici, ma ogni persona, ne fosse consapevole. Questo insegnamento, infatti, non deriva soltanto dalla fede religiosa, ma soprattutto dalla legge naturale e dalla stessa ragione.

Agnieszka Stelmach

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