Fiducia Supplicans: atto d’amore o di compromesso col mondo?
Se riflettiamo sul significato del dirsi cattolici, dobbiamo constatare che una delle prerogative principali del professarsi come tali consiste nel credere nella vita eterna. E’ per questo che Gesù Cristo si è incarnato: per portarci la salvezza eterna e indicarci la strada (o meglio dire “la Via”) per evitare la perdizione eterna, dove l’assenza del Suo infinito amore non potrà più essere recuperata. E’ alla luce di questa Verità, fondamentale, di questo immenso amore di Dio per noi, e anche delle conseguenze che comporta il rifiutarLo o il travisarlo che dobbiamo valutare tutta la realtà attorno a noi.
E’ solo alla luce della Verità che Cristo ci ha rivelato, dunque, che si può comprendere appieno il significato della parola “amore”: cos’è l’amore? E’ desiderare il massimo bene di una persona. Cos’è il massimo bene? La salvezza eterna.
Ed è sempre alla luce di questo massimo bene che cercheremo di analizzare il nuovo documento del Dicastero per la Dottrina della Fede sul tema delle benedizioni alle coppie gay. Quello che ci preme capire, infatti, è come amare nella maniera migliore possibile, da persone che hanno incontrato Gesù Cristo, coloro che vivono apertamente relazioni omosessuali.
Entrando nel merito della questione, come prima cosa, si nota che il documento prodotto dal Vaticano è a dir poco ambiguo nell’autorizzare le benedizioni alle ‘coppie irregolari’ e, come si sa, l’ambiguità apre quasi sempre le porte a chiunque voglia travisare il significato dell’oggetto in questione. Essere chiari è un atto d’amore e di carità: se chiedo aiuto ad un amico per un trasloco e come risposta ottengo un “si dai, forse ci sono, può darsi che venga a darti una mano”, non saprò mai se assumere una ditta di traslochi, chiedere aiuto ad altri o se aspettare. Purtroppo tale documento non è altro che l’ennesimo messaggio ambiguo che viene dalle gerarchie ecclesiastiche.
Cerchiamo, tuttavia, di fare chiarezza sul punto, poiché come dicono alcuni “la chiarezza è carità”.
Il documento afferma che sarà possibile benedire le coppie omosessuali con una benedizione che non è liturgica né rituale, ma “spontanea”. Non potrà esserci alcun elemento che la faccia rassomigliare in qualsiasi modo al rito del matrimonio, che rimane, ovviamente e per fortuna, solo quello tra uomo e donna. Quindi niente cerimonia, vestiti belli, riti alla presenza di parenti e amici ecc ecc. La formula non potrà contenere alcun elemento che confermi i richiedenti in quella che il documento stesso chiama “coppia irregolare”. Cosa potrà chiedere quindi il sacerdote per la coppia omosessuale che chiede la benedizione? Cose come “la pace, la salute, spirito di pazienza, di dialogo e di aiuto reciproco, la luce di Dio e la forza per poter compiere pienamente la Sua Volontà”, a discrezione del benedicente. L’obiettivo insomma è la vicinanza pastorale e l’accoglienza. Nulla si dice, però, sulla ferita dell’omosessualità, le cause, le conseguenze, cosa la Chiesa di Cristo propone di diverso da un mondo che afferma che l’omosessualità va sdoganata in quanto normale poiché “si nasce così”.
Se amare nel vero senso della parola richiede avere a cuore la salvezza eterna, avendo nella mente la Verità che Cristo ci ha portato, benedire nel modo sopra riportato le coppie omosessuali, significa veramente amare queste persone? O porterà solo ulteriore confusione? Porterà le anime a seguire Cristo pienamente o invece confermerà nell’errore e renderà più difficile a questi nostri fratelli e sorelle conoscere l’amore infinito che nutre per loro Dio e la felicità autentica che c’è nella Sua salvezza?
Vediamo cosa dicono le scritture a proposito:
Nella prima lettera ai Corinzi, versetti 6-9, San Paolo scrive che “gli ingiusti non entreranno nel regno di Dio”. Chi sono gli ingiusti? Paolo li elenca: fornicatori, adulteri (coloro che vivono la sessualità al di fuori del matrimonio), ladri… sodomiti (coloro che commettono atti omosessuali). Questo passo conferma ciò che l’insegnamento della Chiesa ha sempre annunciato sul tema, ovvero che praticare atti omosessuali è peccato grave e, in quanto tale, apre le porte dell’inferno a chi lo commette (attenzione, non l’essere omosessuale in sé, che non è peccato ma un’inclinazione che può anche essere una sofferenza santificante). Per tali ragioni lo stesso Dicastero nel 2021 affermò che “non si possono benedire le coppie omosessuali perché non si può benedire il peccato”.
Per quanto riguarda le cose che si possono chiedere nella benedizione: anche in questo caso le Scritture hanno da obiettare. Sì, proprio perché nell’ottica dell’amore verso il prossimo non tutto ciò che suona bene alle nostre orecchie umane giova alle anime in vista della salvezza eterna. San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 11, versetti 29-31, spiega come Dio possa permettere la malattia o delle sventure su questa terra, così che noi possiamo salvarci e ottenere il Paradiso. Una persona che ha tutto su questa terra, difficilmente si interesserà della propria santificazione e della vita spirituale se percepisce di non avere bisogno di nulla. Anche per questo Dio a volte sbilancia il nostro equilibrio, perché capiamo che senza di Lui non possiamo fare nulla. Il chiedere la pace e la salute quindi, per quanto desiderabile per ciascuno, può essere decisamente controproducente. Sarebbe più auspicabile piuttosto una santa inquietudine! Un’inquietudine che stimoli a cercare la Verità, a mettersi in discussione per poter essere felici, pienamente e autenticamente!
Questo è confermato in Giacomo 2, 15 che dice che se una persona ha un bisogno concreto perché si trova in difficoltà (senza vestiti o cibo) e noi gli auguriamo la pace e la sazietà, questo non serve a nulla! Aiuteremo veramente questo nostro fratello se gli daremo da mangiare e da vestirsi. Che serve dunque, pregare per la pace di queste coppie? Semmai si dovrebbe piuttosto pregare singolarmente su ciascuno dei due, al fine di non dare nessuna legittimazione al peccato, perché Dio dia loro la forza di perseverare in un cammino di santità, che mai è privo di sofferenze e combattimenti, come tutti i santi ci insegnano. Al contempo sarà necessario un accompagnamento di un bravo sacerdote o laico, formato nella fede, che con amicizia e amore possa aiutare e sostenere a rimanere aggrappati a Cristo nella prova.
In un altro episodio molto indicativo, a proposito della tanto agognata “pastorale”, Gesù stesso ci dà l’esempio: con la samaritana, in Giovanni 4, quando ella Gli chiede di darle l’acqua di vita (quella dopo la quale non si ha più sete) Cristo risponde “dov’è tuo marito?”. Da qui parte la discussione sulla situazione appunto “irregolare” della donna che non aveva marito e viveva nel peccato. Gesù poi le dice “non peccare più” e solo dopo averla perdonata le dà l’acqua di vita. Le è stato vicino, l’ha ammonita, amata, accompagnata e poi l’ha salvata. In tutto questo, tuttavia, mai ha dato segno di voler far finta che non stesse peccando e mai è stato ambiguo, così che lei potesse fraintendere. Questo documento al contrario lascia spazio alla confusione, come testimoniato dal fatto che il giorno successivo alla sua pubblicazione centinaia di preti in tutto il mondo hanno benedetto coppie omosessuali, in modi di dubbia ortodossia dottrinale.
D’altronde anche Giovanni il Battista è stato poco “pastorale” nel dire in faccia ad Erode che stava peccando prendendo in moglie quella che in realtà era la moglie del fratello. Non poteva essere più accogliente? Più comprensivo? Rendersi conto delle esigenze del fratello che gli stava accanto ed essere meno rigido e più misericordioso? No, perché Giovanni il Battista amava Erode nel vero senso della parola e questo gli è costato la vita. Lo stesso è successo a tanti santi, che hanno preferito la morte piuttosto che rinnegare anche in minima parte il Salvatore che hanno conosciuto e amato sopra ad ogni cosa. Un altro esempio è San Tommaso Moro, anche lui decapitato per essersi messo contro re Enrico VIII e aver affermato e ribadito la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio.
Ciò che la Chiesa oggi afferma mediante questo documento, le dichiarazioni delle gerarchie ecclesiastiche, le note pastorali e tanto altro, può essere considerato amore in senso pieno e autentico del termine? Se la risposta è negativa, vuol dire che la Chiesa stessa, o una sua parte almeno, potrebbe aver perso la direzione della sua missione, avvicinandosi un po’ troppo a quel mondo che Gesù, gli apostoli e i santi più volte condannano apertamente.
È vero che il documento più volte definisce le coppie gay come irregolari, evitando di chiamare più chiaramente peccato il peccato, ma il problema intrinseco del documento è che ne ammetta la benedizione quando due persone si presentano in coppia, quindi con un’ammissione esplicita dell’intenzione di vivere nel peccato o, comunque, dell’attualità dello stesso. In conclusione, mediante tale ambiguità e le conseguenze, prevedibili, che il documento ha prodotto sembra che la Chiesa abbia più a cuore l’essere inclusiva facendo da assist a chi promuove certe ideologie in modo molto aggressivo sul piano sociale, che la salvezza delle persone coinvolte, le quali hanno tutto il diritto di essere accompagnate verso la Verità con amore come qualsiasi altro battezzato. È tempo per i preti, i laici e tutte le persone di buona volontà di testimoniare l’amore per Dio e per il prossimo con la chiarezza dell’amore del Vangelo, a costo di perdere la faccia, essere odiati o ancora peggio, perseguitati. La nostra patria non è questa e la ricompensa è troppo grande per rischiare di essere persa in nome dell’accettazione sociale.
P.s. è stato pubblicato un chiarimento da parte del Dicastero che, invece di chiarire, probabilmente confonde ancora di più. Aggiunge addirittura un tempo indicato per tali benedizioni, che sarebbe di 10-15 secondi. Come se il tempo fosse un criterio tangibile in teologia per discriminare tra cosa è lecito o no. In ogni caso questo chiarimento del DDF nulla toglie alle considerazioni già presenti in questo articolo.
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