Il problema dei “chierichetti femmina” è più grande di quel che sembra

Brian Holdsworth

L’articolo è la traduzione curata da Opposto del video YouTube disponibile al SEGUENTE LINK sul canale di Brian Holdsworth. Buona lettura.

La Chiesa cattolica è l’istituzione più antica di tutta la storia, il che solleva domande su come sia riuscita a raggiungere questo obiettivo. È l’istituzione più brillantemente organizzata del mondo? O forse c’è qualche altro potente intuito che la aiuta, la mantiene in vita e la preserva dalle avversità che hanno fatto finire società e organizzazioni molto più formidabili del passato.

Dalla mia limitata conoscenza e anche dalle lezioni della storia, ciò che non potrebbe essere più ovvio è che la Chiesa non può prendersi il merito della sua longevità per la ragione di essere brillantemente governata, poiché non lo è e non lo è stata.
Hilaire Belloc una volta disse notoriamente che “una prova delle origini divine della Chiesa cattolica potrebbe essere trovata nel fatto che nessuna istituzione meramente umana, condotta con tale scriteriata follia, sarebbe durata più una quindicina di giorni”.
Ciò è dimostrato dal fatto che quando la Chiesa dà priorità alle sue dimensioni istituzionali e cerca di governarsi come qualsiasi altra istituzione mondana, è esattamente il momento in cui la sua prosperità istituzionale sembra soffrire di più.

Questo è drammaticamente evidente nella questione dei chierichetti. Storicamente, solo i maschi erano autorizzati a servire in varie funzioni liturgiche durante la Messa. Questa era una pratica che così si era mantenuta da sempre. Ancora una volta, quando un’istituzione o una società sfida tutte le probabilità durando più a lungo dei suoi rivali o coetanei, si pensa che le sue pratiche sarebbero trattate con cura considerando la loro longevità.

Tuttavia, di recente nella storia della Chiesa, e nel segmento di storia che stiamo vivendo ora, questa pratica ha cominciato ad essere vista come ingiusta e discriminatoria, non a causa di qualcosa all’interno della nostra tradizione, ma a causa di qualcosa dall’esterno, cioè lo spirito e le pratiche del mondo moderno, che tuttavia non ha lo stesso record di longevità. Infatti, sembra che niente nel mondo moderno duri molto a lungo. Quindi penso che valga la pena analizzare con lente critica la logica dietro a questo cambiamento nella Chiesa e il primo posto da cui iniziare dovrebbe essere ovviamente questa domanda: perché abbiamo i chierichetti?

Se si pensa in termini meramente istituzionali, si potrebbe dire che svolgono il lavoro sull’altare, assistono il sacerdote a svolgere le sue funzioni liturgiche e questo le ragazze possono farlo altrettanto bene, quindi qualsiasi forma di discriminazione su quel punto è ovviamente ingiusta. Ma non è affatto il motivo per cui abbiamo i chierichetti. Le azioni e le funzioni del sacerdote sull’altare non sono così complicate da necessitare delle competenze distintive e le conoscenze di ragazzi e ragazze di 12 anni per salvarlo da queste “complessità”. Il sacerdote è più che capace di celebrare la Messa da solo e, se necessario, a volte lo fa.

Quindi perché preoccuparsi di avere adolescenti chierichetti che assistono in chiesa? È perché dà ai giovani un’esposizione intima al lavoro più profondo dei sacerdoti nella loro vocazione, in modo che possano considerarlo per se stessi. Perché in fin dei conti, a meno che non troviamo altri modi per incoraggiare i giovani a considerare di diventare sacerdoti, non c’è futuro per la Chiesa cattolica. E quale modo migliore per esporre i giovani a questa vocazione e alle Grazie che ne derivano se non dando loro il tipo di esperienza che offre il servizio all’altare, senza contare le rare opportunità di avere uno sguardo dietro le quinte sul lavoro e sulla vita dei sacerdoti che assistono.

E questo è proprio come la maggior parte delle carriere viene scelta. La maggior parte delle persone sceglie la propria carriera perché ha avuto qualche esposizione a una persona in quella linea di lavoro o perché ha avuto un’esperienza lavorativa in quel campo.

Posso condividere sia per esperienza che statisticamente come questo principio tende a manifestarsi.

Per esperienza, mio figlio maggiore ha iniziato a fare il chierichetto un paio di anni fa e quasi subito dopo essersi sentito a suo agio in quel ruolo, ha iniziato a dire che voleva diventare sacerdote quando sarebbe cresciuto. Ora, un paio di anni dopo, sta ancora perseverando in quell’intenzione. Prima di fare il chierichetto, non era davvero nelle sue intenzioni, anche se glielo suggerivamo ogni volta che si parlava del suo futuro. La sua esperienza di essere lì sull’altare, partecipando a qualcosa che per lui è importante, svolgendo un compito profondo con grande orgoglio e diligenza, ha suscitato nel suo cuore il desiderio di servire in questo modo più pienamente o il più pienamente possibile come sacerdote ordinato.

Ma se il suo posto fosse stato preso da una ragazza o, altrettanto spesso, da una donna di mezza età o anziana, probabilmente quel discernimento non sarebbe avvenuto. E lo stesso vale per i suoi coetanei. Serve insieme a un gruppo impressionante di ragazzi e uomini che probabilmente hanno dato molto più spazio al sacerdozio nel loro discernimento vocazionale di quanto avrebbero fatto se la Chiesa non avesse usato questo mezzo per esporli alla vocazione sacerdotale.

Se la metà o più di quel gruppo o delle posizioni di chierichetto nella nostra parrocchia fosse composta da femmine, ciò avrebbe dimezzato, se non di più, il numero di giovani che discernono il sacerdozio nella nostra comunità. E statisticamente questo è innegabile. Se siamo preoccupati per una crisi vocazionale nella Chiesa, allora questo è il test di quanto siamo seri nel risolvere questo problema. Perché studi hanno dimostrato che l’esperienza di servire all’altare è direttamente correlata alle vocazioni sacerdotali.

Qui in Canada, dove vivo, il Benedict XVI Institute ha recentemente pubblicato uno studio completo sulle vocazioni in Canada, che avrà risultati simili negli Stati Uniti. Nei sondaggi condotti con sacerdoti recentemente ordinati, hanno chiesto loro in che modo erano coinvolti nella parrocchia prima di entrare in seminario e la cosa numero uno che hanno riportato come più influente nel loro discernimento è stata il servizio all’altare. La maggior parte dei preti intervistati ha servito come chierichetti prima di diventare sacerdoti e lo identificano come una delle cose che hanno influenzato il loro discernimento.

Non dovremmo avere bisogno di una ricerca completa per dirci che alcune cose sono semplicemente evidenti, a meno che non siamo troppo accecati da qualche teoria o ideologia alternativa, che purtroppo sembra essere un po’ il nostro problema. Abbiamo preso una lista di beni e priorità per la Chiesa, una delle quali è ovviamente avere sacerdoti, ma poi abbiamo permesso ad altre di insinuarsi dall’esterno, da altri credi e ideologie come l’uguaglianza e l’inclusione o cercare di essere più attraenti per le sensibilità moderne, e abbiamo detto, “sapete cosa, avere sacerdoti è una priorità minore rispetto a queste altre cose“. Oppure abbiamo semplicemente presupposto ingenuamente che potevamo inserire queste altre dottrine e priorità senza che influenzassero la vitalità e la successione del clero della Chiesa.

Beh, lo stiamo facendo da abbastanza tempo ormai che i dati stanno arrivando e non sono incoraggianti, sono piuttosto spaventosi in realtà. Non ci sono abbastanza seminaristi per sostituire l’attuale gruppo di sacerdoti, che è già un numero disperatamente basso.
Prendendo in considerazione queste altre priorità chiediamoci, sono cose tanto rilevanti da sacrificare altri beni su cui la Chiesa ha fatto affidamento per millenni? Quando le ragazze hanno qualcosa che è esclusivamente loro, guardiamo e diciamo “che ingiustizia”, “dov’è la diversità?”, “E l’inclusione”? Diciamo che questi spazi esclusivamente femminili devono essere confiscati e aperti anche ai ragazzi? Spero che la risposta sia no. Di solito, se vedo qualcosa che è riservato esclusivamente alle ragazze, trovo facile celebrare il fatto che esista. Ma quando i ragazzi hanno qualcosa tutto loro, il nostro primo istinto come società sembra essere quello di toglierglielo e aprirlo anche alle ragazze in nome della diversità e dell’inclusione.

Abbiamo appena visto questo accadere con i Boy Scouts in Canada, anche se le Scout femmine non hanno subito questo tipo di pressione e sono ancora riservate esclusivamente alle ragazze. Questo appetito per confiscare qualsiasi spazio solo maschile mentre si preservano gli spazi solo femminili non riguarda ovviamente la giustizia o l’uguaglianza, ma le forme peggiori di discriminazione che queste misure dovrebbero combattere. Ma da dove viene tutto ciò? Non proviene dalla tradizione della Chiesa, ma deriva dall’esterno. Sono le convenzioni del mondo moderno a prevalere in luoghi come le corporazioni. Ma la Chiesa non è un’istituzione, e più si comporta come tale, più soffrirà la sorte di tutte le ex istituzioni umane, che è la scomparsa.

Ma di nuovo, la Chiesa non è un’istituzione. La Chiesa è una visione o una prefigurazione del Regno di Dio qui sulla Terra. Gesù non ha detto “l’istituzione di Dio” o “la burocrazia di Dio è vicina”, ha detto “il Regno di Dio è vicino”. E cos’è un regno? Un regno è una gerarchia, e una gerarchia distingue e persino discrimina tra i suoi membri, e questo è un bene quando fatto giustamente. La discriminazione è una parola così tabù, ma tutto ciò che significa è tracciare distinzioni tra cose che sono diverse, e indovinate un po’? Uomini e donne sono diversi.

Rifiutare di discriminare in modi appropriati significa imporre uno standard ingiusto secondo il quale imponiamo a donne e uomini di mostrare punti di forza e comportamenti che non sono naturali per loro.

La missione della Chiesa non è creare ambienti artificiali che ignorino l’ordine creato da Dio. Dio ha creato uomini e donne con diversi punti di forza e debolezze, e spetta a noi seguire Dio e scoprire il suo piano per le nostre vite, onorarLo e vivere dentro queste distinzioni.
Il Regno di Dio è molto più simile a una famiglia che a una grande catena di supermercati, e questo è un bene. Se si può ammettere che il sacerdozio dovrebbe essere riservato solo agli uomini, allora ammettere che il tipo di esperienza lavorativa, formazione e tutoraggio che il servizio all’altare offre in vista di quella vocazione dovrebbe essere riservato solo ai maschi, dovrebbe essere ovvio. L’unico motivo per cui si potrebbe voler diversificare questa pratica all’interno della Chiesa è se le proprie lealtà sono più legate alle dottrine del mondo, come l’assoluto egalitarismo, che al bene della Chiesa, oppure se si sta ignorando quanto sia necessaria questa pratica per il beneficio delle vocazioni sacerdotali.

Nessuna di queste ragioni mi sembrano molto buone. I benefici del togliere il servizio all’altare esclusivamente ai ragazzi, per quanto posso dire, sono trascurabili, se non nulli, per la Chiesa. Potrebbe aiutarci a integrarci un po’ di più con il mondo moderno, ma diciamolo onestamente, per le persone che pensano che la discriminazione sia sbagliata secondo queste categorie, sacrificare i chierichetti per placare la loro indignazione non distrarrà dal fatto molto evidente che abbiamo ancora un sacerdozio riservato solo agli uomini. Nel frattempo, il costo è significativo: stiamo mettendo a rischio la disponibilità dei sacramenti smantellando una delle migliori risorse che avevamo per reclutare giovani uomini nel sacerdozio. Questo è abbondantemente ovvio a questo punto, l’unica domanda è se ora abbiamo il coraggio di essere “controculturali” adottando una pratica che i non cattolici, che apparentemente non hanno alcun interesse a diventare cattolici, denunceranno.

Purtroppo nella chiesa stessa ci sono diverse voci che stringono l’occhio più al mondo che al deposito della fede

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