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L’ambiguità del termine «PASTORALE»

Rubrica: “L’ultimo inquisitore” #2

Cari amici! Oggi inizieremo a riflettere sul significato del termine «pastorale».

Vorrei iniziare da un’affermazione di p. Alex Zanotelli che abbiamo visto accanto a Papa Francesco durante il recente evento “pacifista” tenutosi nell’arena di Verona. Il religioso comboniano, tempo fa ha affermato che «Papa Francesco sarebbe finalmente un Papa ’pastorale’ perché andrebbe incontro ai bisogni della gente».

Prendo in esame questa “sparata” del religioso per fare una piccola riflessione. Prima cosa: già dire che Papa Francesco è “finalmente pastorale” significherebbe dire che i suoi predecessori non lo fossero. Perché vedete, essere pastorale non significa accontentare le folle. Come sappiamo dai vangeli le folle sono spesso come «canne sbattute dal vento».

Gesù Cristo, andava incontro alla gente, sanava e liberava nella misura in cui il miracolo favorisse la conversione e la guarigione dell’anima. Non andava incontro ai bisogni delle folle per assecondarli ad ogni costo, magari per avere il più ampio consenso possibile. Il Cristo non era un Maestro accomodante, che lasciava le persone che incontrava nella situazione di partenza in cui le trovava. Esigeva la conversione, chiedeva un cambiamento radicale. Ricorderete tutti il forte richiamo alla donna peccatrice:«Và e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8,10). Gesù è «pastorale» per antonomasia. Lui lo è in massimo grado.

Oggi sembra che la Chiesa pensi di essere più pastorale, più misericordiosa del suo Signore. Il termine «pastorale» è stato rivestito di vari significati, che per ragioni di tempo, non possiamo approfondire in questa sede. Saremo brevi. Essere «pastorale » certamente può voler dire avere gli atteggiamenti del Buon Pastore che ha cura del suo gregge, sta in mezzo ad esso, ne sana le ferite, le conduce ai lieti pascoli. Ma sovente questo atteggiamento viene sempre più contrapposto alla fedeltà alla retta dottrina della Chiesa (cosa che riguarderebbe i cosiddetti “rigidi”). È anche «pastorale» l’uomo di Dio che ha a cuore la sana dottrina della Chiesa e che ripropone «in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2Tm 4,2).

Questo conflitto che alcuni presunti “pastoralisti” hanno creato da qualche decennio a questa parte, non fa bene alla Chiesa Cattolica. Forse occorre ricordare che «in Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come un cembalo che tintinna» (1 Cor 13, 1). Il pastorale, ovvero il bastone del pastore, deve essere usato anche contro le “bestie selvatiche” che minacciano il gregge. Non si tratta di amore, di carità pastorale «se si lascia proliferare l’eresia, il travisamento e il disfacimento della fede, come se noi autonomamente inventassimo la fede». (Benedetto XVI).

Cari amici! Questa riflessione meriterà altri approfondimenti. Nell’attesa vi lascio con una perla di San Paolo che sembra  essere di grande attualità: «Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole». Difendere la fede, la sua integrità e purezza è carità pastorale, per amore della fede dei semplici che attendono di essere confermati nella fede. Non vi è buona pastorale senza sana dottrina! Alla prossima!


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