Una delle storie più importanti di tutto il legendarium tolkieniano, contenuto anche all’interno del Signore degli anelli, è il racconto di Beren e di Lúthien. Ci sarebbe tantissimo da dire, ma qui vi scrivo quelli che sono i punti che mi hanno colpito.
- Elfi e Uomini
Si tratta di una storia d’amore tra un mortale (l’uomo Beren) e un immortale (l’Elfa Lúthien). Eru Ilúvatar, il dio del mondo tolkieniano, quando creò gli elfi e gli uomini diede loro queste caratteristiche: gli elfi, i primogeniti, erano immortali; morivano se venivano uccisi, ma il loro spirito tornava nelle aule di uno dei Valar (angeli entrati in Arda al servizio di Ilúvatar), Mandos, e potevano decidere di ritornare in vita o meno, ma gli elfi erano legati al mondo.
Gli uomini morivano molto più facilmente, non solo se uccisi, ma anche da malattie e soprattutto da vecchiaia (come nella realtà), ma il loro spirito non era legato ad Arda. Dove andavano a finire? Non si sa, solo Ilùvatar poteva saperlo e Tolkien non l’ha mai scritto
(a mio giudizio è affascinante il fatto che un autore non voglia far sapere tutto e lasci la libera interpretazione al lettore al contrario dell’idea più diffusa oggi che si debba sapere ogni cosa).
Grazie all’unione tra Beren e Lúthien nasceranno i mezzelfi, che potranno decidere il loro destino, se divenire mortali o immortali. Da loro discenderanno tre personaggi che ritroviamo nel Signore degli Anelli: Aragorn, Elrond e sua figlia Arwen.
- L’importanza dei nomi per Tolkien
Un altro fattore che mi appassiona di questo autore è che lui per inventare il suo mondo, le sue storie, partiva dalle lingue e dai nomi. Si tenga in mente che era un filologo, la sua passione più grande erano le lingue antiche, come il norreno, latino, gallese, ecc. Da quelle lingue ha inventato le sue: le lingue elfiche. I nomi dei due innamorati sono: Beren, di origine Sindarin (lingua elfica), vuol dire Fiero/Baldanzoso. Lúthien, sempre in Sindarin, significa Figlia dei fiori; mentre in Noldorin (altra lingua elfica) il nome Lüthien o Lhúthien, vuol dire Incantatrice.
Beren è un fiero combattente, abile sia con la spada che con l’arco, che combatte contro gli orchi di Morgoth (oscuro signore della prima era) che hanno ucciso suo padre e da lì fugge, attraversando luoghi pericolosi e alla fine giunge nel regno di Doriath, dove incontra Luthién, mentre stava danzando sull’erba. Nel Silmarillion (edizione Bompiani tascabile, settima ristampa: febbraio 2022, pag. 302) vediamo scritto: “Ma Lúthien scomparve alla vista di Beren, il quale divenne sordo come chi sia preda d’incantesimo, e a lungo s’aggirò per i boschi, selvaggio e vigile come una belva, cercandola. In cuor suo la chiamava Tinúviel, che significa Usignolo, come vien detta nella lingua degli Elfi Grigi questa figlia del crepuscolo, perché non sapeva quale altro nome darle.”
- La Cerca
In questa storia vediamo un personaggio che non lascia libero arbitrio: è il Re Thingol, nonché il padre di Lúthien.
Quando viene a sapere che sua figlia si vede con un mortale, monta in collera e ordina ai suoi soldati di condurre Beren al suo cospetto per interrogarlo. Quando Beren osa chiedere la mano di sua figlia, il re lo insulta dandogli dell’infimo, della spia e dello schiavo. Ma Beren, non si fa umiliare e gli risponde a tono. Infine, Thingol, in maniera crudele, impone una prova d’amore per avere la mano di sua figlia: prendere uno dei tre Silmaril, gioielli forgiati da Fëanor, elfo fabbro della prima era del mondo di Arda, incastonati nella corona dell’oscuro signore, Morgoth! Quest’ultimo era un Valar, una volta il suo nome era Melkor: si ribellò a Ilúvatar e diventò malvagio. Più avanti nel Silmarillion gli elfi gli diedero il nome di Morgoth (che significa: nero nemico del mondo).
È così che parte la Cerca per il Silmaril per avere in sposa Lúthien.
L’elfa non è la classica donna medievale, che aspetta che il suo amato ritorni dalle sue gesta vittorioso, ma lo assiste con un aiuto concreto: come prima cosa evade dalla prigione arborea, dove era stata rinchiusa da suo padre. Egli sapeva infatti che lei voleva aiutare il mortale. Lùthien tuttavia riesce a fuggire usando il potere racchiuso nei suoi capelli: potevano mimetizzarla nella notte e addormentare i nemici che lei sceglieva di rendere inoffensivi. Ma purtroppo verrà di nuovo catturata dai due figli di Fëanor, Curufin e Celegorm, per ricattare il padre ad accettare di darla in sposa a uno dei due disgraziati, facendo così ottenere loro più potere.
Lúthien riesce ad evadere di nuovo, ma stavolta con l’aiuto del cane, proveniente da Valinor, Huan. Insieme vanno a liberare Beren, che è stato a sua volta catturato da Sauron. Sì, proprio quel Sauron, l’oscuro signore de “Il Signore degli Anelli”. All’inizio infatti, al tempo della prima era, era il servo più fedele di Morgoth. Come sottolinea un altro esegeta tolkieniano, il cui pseudonimo è Wu Ming 4 (vi consiglio la lettura del suo libro “Il fabbro di Oxford”), Lúthien è uno dei pochissimi personaggi femminili che affronta un Maia malvagio. I Maia erano anche costoro angeli, ma di potenza minore rispetto i Valar. Se Lúthien ha i suoi poteri è perché sua madre è una Maia, Melian, regina insieme al re Thingol del Doriath. Tornando alla storia, chi sconfigge il cattivo? Lúthien, non Beren. Continuando a leggere vedremo che sarà lei che guarirà Beren, che ha preso una freccia proteggendo Lúthien dai due figli di Fëanor.
- La figura di Lúthien
I due innamorati travestendosi con due carcasse di lupo (Beren) e vampiro (Lúthien), compiono il primo viaggio agli inferi: prendere un Silmaril dalla corona di ferro di Morgoth. Sarà sempre Lúthien che quando arrivano ai cancelli di Angband, con il suo manto magico addormenta Carcharoth, il lupo guardiano. Entrando nella corte di Morgoth, Beren rimane con il suo travestimento, mentre Lúthien toglie il travestimento per mostrare la sua bellezza a Morgoth, e lui se ne invaghisce e fa pensieri lascivi. A questo punto l’elfa danza e canta in tutta la corte inferica e riesce, grazie alla sua magia, ad addormentare l’oscuro signore e i suoi servi malvagi; così facendo Beren toglie il Silmaril dalla corona e riescono a scappare. Ma il lupo guardiano Carcharoth si risveglia e aggredisce Beren staccandogli la mano con la quale teneva il Silmaril (da lì verrà chiamato Erchamion, che vuol dire monco). Al lupo tuttavia cominciano a bruciare le budella, a causa del gioiello magico ingoiato, e così impazzisce; da qui fugge, seminando morte e distruzione.
Sintetizzando: dopo che Beren si scontra contro Carcaroth per recuperare il Silmaril, il lupo viene ucciso, ma Beren viene ferito mortalmente. E qui, come sottolinea acutamente Wu Ming4, abbiamo un ribaltamento del mito di Orfeo ed Euridice: è Lúthien, un personaggio femminile, che compie un viaggio inferico (per la seconda volta) per riportare in vita Beren. Lascia il suo corpo per andare nelle aule di Mandos. Intonerà un canto e con questo gesto i Valar si commuovono e le daranno una scelta: o andare a Valinor, il Paese Beato, per sempre dimenticando i suoi affanni; oppure tornare indietro con Beren, vivendo una vita da mortale e morire con lui. Lúthien sceglie la seconda opzione, e andranno a vivere una vita separata dalla Terra di Mezzo, ma avranno discendenti, come già detto prima, Elrond, Arwen e Aragorn. Sempre Wu Ming4, nel suo Fabbro di Oxford, fa notare che è Lúthien l’eroina della storia. Non l’eroina che pensiamo oggi, o che ci vogliono forzare a pensare; non usa panni o mezzi maschili. Non impugna una spada e non si veste con l’armatura da cavaliere. Lúthien usa le sue doti femminili: le doti canore, la magia dei capelli, la capacità di guarire, di sedurre, di usare l’intelligenza. Non rinuncia al suo genere, ben lontano dai modelli di donna del medioevo. Questo conferma che Tolkien è un autore moderno! Siccome oggi si parla tanto di patriarcato, perché produttori, sceneggiatori, registi non prendono esempio da questo narratore?
- Una storia legata all’autore:
Nel corso della sua vita Tolkien ha riscritto più volte questa storia; le ritroviamo, grazie a suo filgio Christopher, nella raccolta della “History of the Middle Hearth” (La storia della Terra di Mezzo, in totale sono dodici volumi, in Italia, dal 2022 sono stati tradotti i primi cinque dalla casa editrice Bompiani). Riporto l’elenco delle versioni (almeno nove), sulla storia di Beren e Lúthien, delle edizioni italiane (tranne le ultime due, a parte La Compagnia dell’Anello, che non sono state ancora tradotte), indicate nel saggio su Tolkien, “La via per la Terra di mezzo”, scritto da uno dei più grandi esegeti su questo autore, Tom Shippey. L’elenco è il seguente (1° ediz. Italiana 2005, 1°ristampa 2018, casa editrice Marietti 1820, pag.434):
- “Il racconto di Tinúviel” (contenuto ne “Il Libro dei racconti perduti parte seconda”, Bompiani, pag. 9-91);
- “Il Lai di Leithian, incompleto (contenuto ne “Lai del Beleriand, Bompiani, pag. 197-404);
- “Il Silmarillion” cap. 19 (Bompiani, settima ristampa febbraio 2022);
- “Il primo Silmarillion”, cap. 10 (contenuto ne “La formazione della Terra di mezzo, Bompiani, pag. 32-33);
- “Il Quenta Silmarillion”, cap.10 (contenuto ne “La formazione della Terra di Mezzo, Bompiani, pag. 131-138);
- “I primi annali del Beleriand” (contenuto ne “La formazione della Terra di Mezzo, Bompiani, pag. 364-365, 372);
- “I tardi annali del Beleriand (contenuto ne “La strada perduta e altri scritti”, Bompiani, pag. 169-170);
- (a) il canto di Aragorn nella Compagnia dell’Anello, libro primo, cap. XI, insieme (b) alla sua primissima versione, pubblicata a Leeds nel 1925 con il titolo “Light as Leaf on Lindentree”, e (c) alla sua versione intermedia, accompagnata da un’ulteriore parafrasi dell’intera storia, in Shadow, pag. 179-184;
- “Gli annali grigi” (Jewels, pag. 61-71).
Si può notare nei volumi citati le modifiche della storia: ad esempio, nella prima versione scritta nel 1917, Beren era un elfo e Sauron era un enorme gatto e il suo nome era Thú.
Ma Tolkien rimarrà sempre fedele alla sua visione che Lúthien è sua moglie Edith Mary Bratt. Beren vede per la prima volta Lúthien mentre sta danzando sul prato, un episodio veramente accaduto quando Edith e Tolkien erano ragazzi. Edith aveva danzato per John su un prato. Era tanto legato a sua moglie che se si va a visitare la loro tomba vediamo scritto sotto il nome di sua moglie Lúthien, e sotto quella di Tolkien, Beren.
- Conclusione
Ora, non mi considero certo un esegeta di questo autore. Se desiderate saperne di più vi cito quelli che sono gli studiosi di Tolkien che mi hanno aiutato ad appassionarmi alle sue opere, tra cui già sapete di Paolo Nardi, Claudio Antonio Testi e Wu Ming 4; gli altri sono Tom Shippey e Verlyn Flieger.
Secondo me un aspetto da tenere in conto è la fedeltà di Lúthien a Beren e viceversa. Perché dico questo? Viviamo in un’epoca dove il femminismo e il gender stanno prendendo sempre più il sopravvento. Stiamo assistendo ad un tentativo di imporre questa ideologia su tutta la nostra cultura: nelle scuole, nei cinema, libri, ecc… Ho già sottolineato prima le osservazioni di Wu Ming 4 sulla figura dell’elfa. Nel Signore degli Anelli, c’è un altro personaggio femminile, che a differenza di Lúthien, si veste da maschio, Éowyn, la nipote di re Théoden, che disubbidisce quest’ultimo perché vuole combattere in battaglia prendendo Merry (uno hobbit), che a sua volta non ha obbedito agli ordini di Théoden: di non partecipare alla battaglia. Insieme sconfiggeranno il capo dei Nazgûl ed entrambi rimarranno feriti gravemente dallo scontro e curati dal futuro re di Gondor, Aragorn. Alla fine Éowyn si sposerà con Faramir, scegliendo lei stessa di essere una guaritrice e di ritornare nei suoi panni femminili.
Lúthien, al contrario, non si veste da cavaliere, ma usa le sue doti femminili rimanendo fedele a Beren. Forse esagero dicendo che Tolkien ci insegna questo: amare la nostra moglie/marito. Il mondo ci dice che amare è puro sentimentalismo e compiere atti sessuali con il nostro/a patner. Una volta finito il sentimento ci si separa, secondo una logica di “usa e getta”. Gesù, nel vangelo di Matteo 22:37-39, ci dice “ama il tuo prossimo come te stesso”.
Intuisco che amare significa stare accanto a tua moglie, parlarsi, soccorrersi quando uno dei due sta male; lasciarsi liberi a vicenda nelle scelte e cercare di supportare. Marito e moglie gioiscono e soffrono insieme, il bene dell’altro diventa il bene proprio e il bene proprio diventa il bene dell’altro. Elementi questi che troviamo nel racconto di Beren e Lúthien. Una storia a me cara, perché in questi primi mesi di matrimonio con mia moglie Paola, la mia Lúthien, stiamo vedendo proprio questi elementi. Dedico a lei questo articolo, perché è grazie a lei, insieme alla Chiesa, che capisco cosa vuol dire amare ed essere un buon marito.
A chiunque consiglio di leggere questa storia, in modo particolare alle coppie di innamorati, alle coppie che hanno deciso di sposarsi e alle coppie sposate, perché possiate imparare ad amare.
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