Sant’Andrea di Creta
Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo
(Disc. 9 sulle Palme; PG 97, 990-994)
Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. E’ disceso dal cielo, per farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef 1, 21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità, «Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce» (Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà.
Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d’olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere. Egli, che è la mansuetudine stessa, gode i venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell’ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé.
Egli salì «verso oriente sopra i cieli dei cieli» (cfr. Sal 67, 34) cioè al culmine della gloria e del suo trionfo divino, come principio e anticipazione della nostra condizione futura. Tuttavia non abbandona il genere umano perché lo ama, perché vuole sublimare con sé la natura umana, innalzandola dalle bassezze della terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese.
Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi in virtù del lavacro battesimale della salvezza, siamo arrivati al candore della lana per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele».
ULTIMI ARTICOLI
- Alzati. O sarai santo o sarai nessuno
- Novembre: il mese della vita vera
- Preghiere di rinuncia del mattino
- Come affrontare le paure, matrimonio, figli e senso della vita
- Il cattolicesimo della torta
- “Ti ho scelta per questi tempi…”: Gesù alla Beata Alessandrina da Costa
- “Date una possibilità a Dio” [testimonianza]
- Tradizionalisti o progressisti: chi ha ragione?
- Il tema chiave nelle opere di Tolkien
- Pio XII: le famiglie numerose sono una benedizione di Dio
- Non voglio più metterti pesi sulle spalle!
- Cosa desidera il cuore di una donna?
- Una meditazione sulla morte
- SAN GIUSEPPE: il più santo tra i santi
- UNA, NESSUNA, CENTOMILA VERITÀ?
- Il vuoto del cristianesimo liberale
- L’essenziale
- L’allenatore della Spagna campione d’Europa risponde a giornalista ateo
- Il problema dei “chierichetti femmina” è più grande di quel che sembra
- La magia, parodia del divino
Lascia un commento