Il 2025 è (e sarà) un anno indubbiamente importante, sotto molteplici aspetti. La sensazione generale è quella di essere sospesi tra la speranza e la disperazione.
Le promesse di una società che pretende di donare all’uomo la felicità mediante le conquiste della tecnologia e della digitalizzazione (che indubbiamente agevolano la nostra quotidianità, ma che allo stesso tempo pongono quesiti sempre nuovi dal punto di vista etico sulla dignità umana) si scontrano con la dura realtà di intere civiltà (quantomeno quella occidentale) che si sentono condannate a subire il flusso delle acque torbide degli eventi storici, senza più sapere quale sia la sorgente da cui proveniamo, né tantomeno la foce verso cui si viene trascinati.
La Chiesa viene da un lungo ed importante Sinodo, che vuole (nel bene e nel male) dettare i passi del prossimo futuro della Chiesa del terzo millennio. Una Chiesa che ora sta attraversando l’Anno Santo del Giubileo, che potrebbe (dobbiamo dirlo) essere ricordato anche come l’anno di un nuovo conclave.
Anche per questo motivo, la plurisecolare ed insanabile frattura tra progressisti e conservatori getta ombre ed incertezze sul futuro della Chiesa. Questa frattura è stata alimentata da un contesto sociale e culturale che spinge ossessivamente la Chiesa ad adattarsi ai canoni della modernità, e che ha portato i figli della Chiesa a schierarsi su posizioni sempre più polarizzate: da una parte quella della Chiesa che evangelizza il mondo, dall’altra quella del mondo che evangelizza la Chiesa (con il “vangelo” con la v minuscola del mondo, ovviamente).
Non dobbiamo nasconderci che in ambedue le fazioni si insidiano gli inganni e gli eccessi ideologici. Il sedevacantismo tradizionalista e il progressismo modernista sono gli estremi di due approcci diversi alla realtà ecclesiale (ma egualmente sbagliate), tra i quali si trovano mille diverse sfumature condite da errori di vario tipo. Il giusto bilanciamento tra carità e verità è la virtù che viene sempre a mancare, e l’onnipresenza di internet nella vita quotidiana, con le sue innumerevoli fonti da cui poter attingere (dalle più autorevoli alle più inattendibili ed eretiche), ha portato i fedeli a dare maggior credito al “Cardinal Web” piuttosto che alle parole del Santo Padre e ai tesori del Depositum Fidei.
Le varie correnti del mondo contemporaneo vorrebbero dunque stracciare le vesti della Chiesa, così come fecero i soldati con le vesti di Nostro Signore. Non è fatalismo, né pessimismo, dire che questo intento avrà successo, poiché è una necessità teologica ed escatologica che la Chiesa ripercorra la strada del Calvario intrapresa dal suo Sposo.
Ma la speranza del cristiano è che l’ultima parola non sono le vesti stracciate, ma la veste gloriosa del corpo risorto di Cristo.
Il 2025 è anche un anno delicato per le questioni geopolitiche, e le trattative ferventi di queste settimane per raggiungere una tregua sui vari fronti di guerra non bastano a stemperare le tensioni tra le varie sfere di influenza mondiale in una prospettiva di medio-lungo termine.
La pace fra le nazioni, invocata incessamente da Papa Francesco fino all’ultimo filo di fiato e che per molti è risultata addirittura fastidiosa per la altissima frequenza (quasi quotidiana) dei suoi appelli, rimane per ora più un miraggio che una concreta prospettiva.
Tuttavia, le parole di Sant’Agostino, nel suo “Discorsi sul Vangelo di Giovanni” devono rimanere sempre impresse nelle nostre menti e rassicurare i nostri cuori:
“La Chiesa vacilla quando il suo fondamento vacilla; ma come potrebbe vacillare Cristo? Finché Cristo non vacilla, la Chiesa non cadrà mai.”
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