In un mondo in cui l’opportunismo la fa sempre più da padrone, a discapito dell’integrità e della morale, spesso ormai un ricordo di tempi passati in cui nonni e genitori, forse visti come “troppo testardi”, erano disposti a grandi sacrifici pur di fare la cosa giusta, un bellissimo esempio ci viene dallo sport a ricordarci che non dobbiamo mai perdere la speranza: il mondo migliore che tutti desideriamo non sarà conquistato gridando slogan preconfezionati dalle associazioni ideologiche di turno o litigando sul web nelle sezioni commenti, ma si formerà a partire da noi stessi!
Abel Mutai, un corridore dal Kenya, è a pochi centimetri dalla vittoria in una gara cruciale. Esausto e confuso da segnalazioni poco chiare, pensa di aver già attraversato il traguardo e rallenta.
Subito dietro di lui c’è Ivan Fernandez, un atleta spagnolo. Vedendo cosa sta succedendo, Fernandez ha una scelta: cogliere l’attimo per superare Mutai e conquistare la vittoria per sé o fare qualcosa di straordinario. Grida a Mutai di continuare, ma quando Mutai non capisce, Fernandez lo spinge fisicamente in avanti, assicurandosi che Mutai tagli il traguardo per primo.
Mutai conquista l’oro e Fernandez si accontenta del secondo posto. Un giornalista, perplesso, chiede a Fernandez perché ha lasciato vincere Mutai. La risposta di Fernandez è semplice ma profonda: “Non l’ho lasciato vincere; lui avrebbe vinto.”
Il giornalista insiste, “Ma tu avresti potuto vincere!”
Fernandez risponde, “Ma quale sarebbe stato il merito della mia vittoria? Quale sarebbe stato l’onore? Cosa avrebbe pensato mia madre?”
Questa non è solo una storia di sportività; è una questione di integrità e del vero spirito di competizione. Il gesto di fair play di Fernandez è uno dei più straordinari nella storia dello sport. Cari lettori, questo è un promemoria: la vera forza risiede nel fare ciò che è giusto, anche quando significa sacrificare la gloria personale.
Il mondo ha bisogno di uomini forti.
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